
Giuseppe Dell’Omo 54 anni, perse la vita mentre lavorava a causa del crollo di un tetto. Il figlio Santo ha fondato un’associazione che porta il nome del padre e che si occupa delle morti sul lavoro. Sono trascorsi sei anni dalla tragedia, e Santo ha deciso di scrivere una lettera al padre e lanciare un messaggio non solo alle famiglie colpite dalla perdita dei propri cari nello svolgere il proprio lavoro, ma a tutta la collettività, oltre ad essere una intensa testimonianza d’amore.
Caro Papà,
sono passati sei anni da quel maledetto 10 maggio 2019, il giorno in cui il destino ti ha strappato via da noi, sul posto di lavoro, senza un addio, senza una carezza, senza la possibilità di salutarti un’ultima volta. Da quel momento, nulla è stato più come prima.
La tua assenza è diventata un dolore sordo che si è infilato in ogni respiro, in ogni momento della mia vita. Ma non mi sono mai fermato. Quel dolore l’ho trasformato in forza, in battaglia, in giustizia. Non ho mai permesso che il tuo sacrificio cadesse nell’oblio.
Papà, la tua morte non è un incidente, né una fatalità. Ha nomi e cognomi. È stata causata da chi ha scelto di non fare il proprio dovere, da chi ha ignorato le regole per l’opportunismo e il profitto. Ma non sono mai stato solo nella ricerca della verità, perché nei miei cammini ho incontrato persone che hanno preso a cuore la tua battaglia come se fosse la loro. Un professionista, che ha messo la sua competenza al servizio della verità, ha reso evidente ciò che già conoscevamo. La verità è emersa grazie al suo impegno, e so che anche tu lo hai scelto per me. In questi anni, ho conosciuto amici che non si sono tirati indietro, che hanno fatto loro il tuo nome e la tua storia. Persone che hanno camminato accanto a me, sostenendomi nei momenti di solitudine, per fare sì che la tua morte non venisse dimenticata.
Mi hai insegnato, papà, che la lotta non è mai solo per se stessi, ma per onorare chi non c’è più, per il bene di tutti coloro che vivono nella fatica, nel silenzio, senza mai chiedere nulla in cambio. Ogni battaglia che ho intrapreso è stata per te. Ogni porta che ho bussato, anche quelle che non avrei mai immaginato di varcare, è stata una porta che ho aperto per la giustizia. Ho bussato a luoghi dove non erano abituati ad ascoltare, ho camminato nel fango dell’indifferenza, ho visto con i miei occhi l’ipocrisia di chi si volta dall’altra parte, ma non mi sono mai fermato.
Papà, mi manchi in un modo che non si può spiegare. Mi manca il tuo sguardo rassicurante, la tua voce che sapeva sempre cosa dire, la tua presenza che mi dava forza anche nei momenti più difficili. Mi manca il sapere che, qualsiasi cosa accadesse, tu c’eri. Sei la mia ferita aperta e il mio orgoglio più grande. E, nonostante tutto, ti prometto che non smetterò mai di lottare.
La tua morte ha segnato ogni giorno dei miei ultimi sei anni. Eppure, anche se il dolore è ancora con me, so che la tua eredità non è fatta di ricchezze materiali, ma di valori che nessuno potrà mai portarci via. Ho preso la tua memoria e l’ho trasformata in giustizia, come mi hai insegnato. Ogni sorriso che ho perso, ogni traguardo che non ho potuto festeggiare con te, ogni notte che ho trascorso a pensarti: tutto questo è diventato la mia forza.
Oggi siamo vicini, papà. Un altro passo, uno solo. La giustizia che ti è dovuta, la giustizia che abbiamo cercato insieme, passo dopo passo. La tua morte non è mai stata dimenticata, e mai lo sarà. È sempre stata con me, come il nostro legame indissolubile.
Ricordo le tue parole, papà, quelle che sono diventate il mio faro: “All’inizio vincono i falsi, perché furbi, ma vince davvero chi persevera nella pazienza e nella giustizia”. Questa frase mi ha guidato, e la porto nel cuore ogni giorno. Perché so che alla fine, sarà la giustizia a vincere in ogni sua forma. La verità che è sempre stata davanti a noi, la verità che ti meriti.
Con amore infinito,
Tuo figlio,
Santo